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| | | | LIBRI IN FAMIGLIA - Recensione Madre Vendetta | | Giancarlo Trapanese, MADRE VENDETTA (storia di un perdono impossibile) – Vallecchi 2012 Quando si ha la fortuna e il dono curioso di conoscere un autore si è presi dentro da una serie di emozioni singolarissime difficili talvolta da decifrare e pertanto da condividere. Una però, su tutte, sembra sempre emergere ed è quella di una soffice gioia vanitosa per il privilegio, toccato in sorte, di aver incontrato l’autore, privilegio toccato in sorte a chissà quanti altri del resto…Considerazione, questa, in grado di far evaporare quasi per incanto la schiuma della “vanità”, per lasciare libero campo alla gioia pura. Gioia pura che si rinnova ogni volta che questo autore, ora anche amico, produce qualcosa. Come nel caso di questo nuovo romanzo di Giancarlo Trapanese, giornalista RAI e docente universitario (digitare su internet) MADRE VENDETTA. Un romanzo sconvolgente nel senso profondo della parola, un romanzo che si colloca in quello spazio interiore dove il cuore confina con l’anima quasi a volerla coinvolgere per portar sollievo alla mente sgomenta e atterrita alla vista del misterioso, ripetitivo e tragico scenario della violenza fratricida. Di un particolare tipo di violenza, però, quella sulla donna… Quella donna, alla quale il Creatore ha assegnato il privilegio (sacro, oso dire senza esitazione) di essere custode genetica della Vita, privilegio profanato (una sorta di peccato mortale laico) dai violentatore di ogni specie. Il romanzo infatti, come scrive lo stesso Trapanese, “è dedicato a tutte le donne vittime della violenza “per amore” cadute sotto i colpi di chi le aveva amate o diceva di amarle”. La peculiarità del romanzo è che si ispira a fatti realmente accaduti (l’elenco, tragicamente lungo, delle donne “profanate” si trova al termine del libro) inducendo di volta in volta il lettore a identificarsi nei vissuti emotivi intensi e diversi dei vari personaggi. Trascrivo due righe della premessa del Trapanese, due righe che lasciano capire molte cose del mistero del dolore così sapientemente indagato dalla sua penna artistica: “Questo libro è dedicato a chi è tornato nell’ombra dopo aver vissuto momenti di drammatica notorietà che mai avrebbe voluto e pensato di poter vivere, e si misura quotidianamente con il senso di impotenza che deriva dal sopravvivere ad una persona amata. A tutti quelli che si dedicano anima e corpo a difendere il ricordo dall’indifferenza e dalla prostrazione che giunge a fronte di una giustizia umana ridotta ad una equazione, ad un calcolo, ad una formula matematica”.
(Gigi Avanti – www.gigiavanti.com) | |
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Torna al menù recensioni | Info critico Nome: Gigi Cognome: Avanti Scrittore e teologo Sito Web: clicca qui Email: clicca qui
...note:Avanti Giovanni Luigi (detto Gigi) nasce a Graffignana (Lodi) il 14 settembre 1943. Ha al suo attivo la pubblicazione di una ventina di libri sulle tematiche familiari relazionali educative con taglio psicologico-spirituale, di cui alcuni tradotti in lingua spagnola, portoghese, bulgara, rumena, polacca. Collabora a riviste quali SE VUOI, LA SACRA FAMIGLIA, VITA FAMILIARE, NOI GENITORI E FIGLI…Partecipa occasionalmente a qualche rubrica televisiva della TV di Stato e di SAT 2000 e alla RADIO SACRA FAMIGLIA IN BLU di Bolzano. Fa parte, insieme alla moglie Maria Petrini, della Consulta Nazionale della CEI per la Pastorale della Famiglia Compra il libro: link acquista |
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| | | | | | Chi ha investito in una buia notte d’inverno Manuel Romualdi? L’hanno condannato a 28 anni per aver assassinato la fidanzata 19enne, la bellissima Luce Anselmi, ma ne ha scontati solo 13 perché detenuto modello. A fatica s’è rifatto una vita, un fornaio dal gran cuore lo ha assunto: “Ce l’ha segnalato il maresciallo dei carabinieri come caso umano, per tenerlo fuori da tentazioni e dargli una possibilità”. Ma una notte, mentre andava al lavoro in motorino, un’auto lo ha preso in pieno. Così la sua speranza è stata gelata, la banalità del male ha vinto. Disgrazia o omicidio premeditato? Un pirata della strada o una spedizione punitiva di qualcuno che non riesce a metabolizzare, elaborare un lutto pur grave? Un take d’agenzia in una redazione periferica della Rai, un cronista di razza amante del proprio lavoro come pochi, ormai, in un mestiere inaridito da militanze ossessive, menzogne ben confezionate, reticenze smaccate e zerbinaggi spudorati, e si mette in moto il meccanismo di un’inchiesta parallela a quella ufficiale, con cui pure s’intreccia, che svela una provincia malata come e forse più della metropoli – siamo in Emilia Romagna, a Bertinoro – dove i sentimenti sono vissuti con un’intensità rabbiosa e straniante, all’insegna dell’oraziano carpe diem, e i mali del XXI secolo (la droga per esempio, la più dirompente) sono amplificati e dilatati sino alla trasfigurazione. . . . E’ il backstage di “Madre Vendetta” (storia di un perdono impossibile), di Giancarlo Trapanese, Vallecchi, Firenze 2012, pp. 284, € 14.50, collana “Le Stelle”. Un romanzo incalzante, dallo stile piano, sobrio, che riconcilia col grande giornalismo investigativo e analitico, ma senza i continui coup-de-thèatre cui altri autori ci hanno abituati, in bilico fra Tenente Colombo e Montalbano. Lo scavo di Trapanese è sociologico e antropologico, ma anche linguistico (belle le battute in dialetto romagnolo, opportunamente tradotte dallo scrittore per noi che viviamo distanti dai luoghi dell’azione e del backgrpund), la scannerizzazione del vissuto di Romualdi procede senza clamore ma suggerendo continue sorprese che pian piano compongono un puzzle veritiero intriso di ironia a volte lieve a volte amara, ma sempre capace di un realismo a tratti temperato di lirismo che si rivela la cifra vincente del libro. Cronista di una razza in via d’estinzione, Trapanese – che si ispira a un fatto realmente accaduto - ha in Catanese un alter ego in cui proietta il suo vissuto professionale, inclusa una moglie paziente e saggia e figli sbrigativi . Il giornalista emana quell’odore di vecchia tipografia con i caratteri di piombo fuso e il proto brontolone che tormenta l’orologio, ma anche il giusto disincanto con cui affrontare un mestiere un tempo definito il più bello del mondo e che oggi, sopraffatto dal velinismo selvaggio, sconfina troppo spesso in un arido cinismo, forse perché le testate, tv e cartacee, vogliono solo quello per un fatto di marketing (come provano i casi di cronaca più recenti, da Sarah Scazzi a Yara Gambirasio, senza scordare la Franzoni a Cogne e Simonetta Cesaroni a via Poma, Roma). Se il passato non passa mai, anzi ritorna puntuale e magari pure degradato, e il tempo ha una modulazione circolare, Catanese, taccuino alla mano, ripercorre a ritroso le situazioni che possono far luce sul “giallo” dell’omicidio-Romualdi. Interroga con l’aria quasi indifferente, assopita del cronista dal fiuto sottile i vecchi all’osteria, raccoglie pettegolezzi in apparenza senz’importanza, rintraccia persino un vecchio prete, don Enzo, che ha la mania di segnare sui suoi polverosi brogliacci le gioie e i dolori delle “anime” affidate alla sua cura. Uno di quei personaggi molto frequenti in provincia, che fanno tanta tenerezza per la loro inossidabile umanità e fiducia nell’uomo nonostante tutto: infatti dà lezioni di latino gratis ai ragazzi che non possono pagarle. . . “Luce era una ragazza meravigliosa. Dolce, sensibile, forse un po’ troppo moderna, qualche volta… Ma anche lui non sembrava un cattivo ragazzo, gran lavoratore, poverino…”, chiosa il sacerdote. Ma il mal di vivere si annida ovunque e si scarica, quasi fosse un format della modernità, sull’anello debole della società del blog e del byte: la donna. Mariti, ex mariti, conviventi, amanti, fidanzati, compagni, amici, padri-padrone, spasimanti, ecc. sono i suoi killer quando rifiuta di essere oggetto, farsi schiacciare a un ruolo imposto dalla subcultura feticista dominante. “Bella in modo sconvolgente…”, Luce è assassinata, c’è un processo, e Manuel, che pure nega recisamente che la ragazza sia salita nella sua auto, è condannato. Quando si sparge la notizia che ha scontato meno della metà della pena, il livore arma un desiderio di vendetta trattenuto a fatica, un sentimento umano, troppo umano, ma non condivisibile perché dettato dal peggio di noi stessi. Da lì all’omicidio il passaggio è automatico. Quando non si ha fiducia nella giustizia terrena e anche quella divina è relativizzata, cosa resta da fare per cercare di placare un dolore rabbioso come una colica se non aspettare acquattati nella notte, avvolti da quella nebbia fitta che richiama “Amarcord”? Un libro di qualità, all’altezza dei precedenti del giornalista di origine napoletana nato nelle Marche, che ha trovato una sua dimensione stilistica si spera lungi dall’esaurirsi in un panorama letterario che offre ispide performance spacciate per capolavori unici da uffici-stampa astuti, ma che si rivelano, de facto, bluff deludenti. | Link recensione: Visita il link |
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Torna al menù recensioni | Info critico Nome: Francesco Cognome: Greco Giornalista, salentocult Sito Web: clicca qui Email: clicca qui
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| | | | Recensione del questore di Trento Giorgio Iacobone | | Madre vendetta è tra i libri più coinvolgenti che abbia mai letto: non vuoi fare una pausa, vuoi giungere fino alla fine,l’inizio di ogni capitolo è la ricerca del sapere con l’avidità che ti viene da dentro, la ricerca di una risposta che possa soddisfare il tuo stato d’animo,la ricerca di una chiarificazione nel labirinto delle soluzioni che si intrecciano in un gioco di specchi che ti impedisce di raggiungere l’uscita,anche se la vedi vicina,come al Luna Park. Questo pensiero ti potrebbe far credere ad un’azione piena di sprint, ad un dinamismo vorticoso, ad una velocità che ti tiene col fiato sospeso come nei migliori thriller che hai letto: niente di tutto questo. Giancarlo Trapanese fa vivere l’ansia dei suoi personaggi con quell’intrecciarsi degli avvenimenti della vita quotidiana che conferiscono al loro comportamento sì il condizionamento dalla vicenda centrale, ma questa non ne assorbe interamente la routine. La quiete della narrazione ti placa , non ne recepisci l’ansia,ma ti porta a riflettere su valori importanti della vita riscoprendone l’importanza nei tanti tratti in cui procede il cammino della tua vita. E’ qui che Madre Vendetta ti fa gustare il sapore dei valori veri che nelle loro contraddizioni sublimano le quotidiane aspettative. Ne percepisci ancor più l’importanza se riesci ad allontanarti dalla scena e a fotografarla nascosto in un angolo. E allora ti chiedi: la differenza abissale tra la famiglia del giornalista Catanese che segue la vicenda, quella della famiglia Anselmi che ha vissuto l’uccisione della figlia Luce, quella della famiglia Romualdi nella quale Manuel ha ucciso ed è stato ucciso da cosa è stata determinata? Il dramma delle famiglie Anselmi e Romualdi è stata determinata da più concause, ma c’è stata una causa scatenante? Se sì di sicuro la fuga del padre di Manuel e l’arrivo della droga a Bertinoro!!! Il padre che va via da casa con una straniera e il suo abdicare la funzione paterna fanno perdere al figlio quel sicuro punto di riferimento presente sempre, anche quando, nell’accorgerti che tuo padre non può risolverti tutto, secondo Catanese, diventi adulto. L’arrivo della droga fa emergere l’importanza del patrimonio sociale che deve legare paesi e quartieri! A Bertinoro è venuto meno: non può una comunità che condivida un forte patrimonio sociale non accorgersi che la droga sta infestando l’ambiente!!!! Se Manuel non fosse stato irretito dalla presenza della droga, Bertinoro sarebbe rimasto il Paese dalle forti tradizioni, sarebbe rimasto il Paese con quel forte patrimonio sociale, che è venuto meno nel momento cruciale, proprio quando quel patrimonio sociale fatto di unione e di controllo avrebbe dovuto esprimere la sua decisiva funzione. Non vale che vicenda abbia protagonisti non originari di Bertinoro: la famiglia di Manuel si è trasferita da poco da Roma, lo spaccio è in mano ad uno straniero e il padre di Manuel è fuggito con una straniera: il patrimonio sociale deve far valere la propria funzione per garantire la sicurezza, anche e specie da fattori esterni che vogliano sovvertire l’ordinato e tranquillo svolgersi della vita sociale. Il disgregarsi dei valori tradizionali sembra spingere Trapanese a dare una visione della famiglia Catanese rispondente alle nostre aspettative. Ecco allora che Trapanese ingaggia una lotta tesa a far emergere l’importanza della famiglia: senza pudore prende a prestito dall’impolverata cartella della retorica frasi come “il focolare della casa domestica” che sembra fare il paro con “la mamma è l’angelo della casa”. Eppure Giancarlo Trapanese queste frasi impolverate le rende limpide, sembra che le abbia ripulite,riverniciate, facendocele credere inedite!!! Solo ora penso che sia possibile vivere la vicenda centrale nel suo dramma, nella consapevolezza che gesti inconsulti possono determinare situazioni di non ritorno, dopo le quali nulla potrà mai essere come prima!!! Madre Vendetta è un inno “Alla giustizia giusta” ,“Alla certezza della pena” , “All’attenzione per la vittima”, “Al concetto che chi ha sbagliato deve pagare”. Tutte verità che portano a ritenere che al di fuori di questi basilari concetti la spirale violenza - odio non possa essere interrotta, che il susseguirsi di azioni e reazioni non possa placarsi senza giustizia e perdono. Si dice che se tiri troppo la corda alla fine si spezza e quando qualcuno non ha più nulla da perdere allora sì che diventa una mina vacante. La considerazione per l’altro non può mancare, al di là di qualsiasi sentimento, e Giancarlo Trapanese evidenzia le situazioni, dandoti la possibilità di commentarle e giudicarle con la pacatezza, favorita dall’immissione nel dramma di due madri di situazioni di quotidianità, vissute da personaggi che si ergono a coprotagonisti per la ricchezza d’animo che esprimono, per la dedizione al loro lavoro, vissuto tra le tradizionali dinamiche e gli approfondimenti fatti di umanità e sentimenti che conferiscono all’azione la capacità di raggiungere la verità attraverso l’immedesimazione e la comprensione. Certo anche i valori sopra virgolettati non sempre possono essere considerati assoluti e allora Madre Vendetta induce alla riflessione e alla discussione, di sicuro un libro che invoglia a confrontarsi con gli altri ed ad esprimere i sentimenti vissuti senza riserva e senza essere condizionati dal giudizio degli altri, perché anche questo Trapanese riesce ad garantire sempre meglio: essere sempre di più se stessi!!! | |
| Info critico | | | Nome: Giorgio Cognome: Iacobone Questore di Trento (ex qeustore di Ancona)
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| ...note:Giorgio Iacobone ha 58 anni, è nato a Napoli, ha studiato a Roma laureandosi alla Sapienza in Giurisprudenza. E' un profondo conoscitore della realtà marchigiana, avendo prestato servizio prima a Macerata dal 1975 al 1987, poi ad Ancona dal 1993 al 1997. Nel 1988 è stato assegnato al Commissariato Zisa di Palermo…Dal 1997 al 1998 è stato Vice Questore Vicario di Pescara...Nell'anno accademico 2001-2002 ha seguito il XVII Corso Interforze…Promosso Dirigente superiore dal 1° luglio 2002 è stato nominato Questore di Enna, carica ricoperta fino al giugno 2006, prodigandosi con determinazione per la diffusione della cultura della legalità a tutti i livelli, presupposto per lo sviluppo delle potenzialità della provincia. Ora è in carica a Trento come questore. Compra il libro: link acquista
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| | | | Recensione della poetessa Norma Stramucci di Recanati | | “un due tre stella” E’ il gioco dell’infanzia in cui si finge l’inanimato. E’ il gioco che, alla pag. 267 del nuovo romanzo di Giancarlo Trapanese, Madre Vendetta, Vallecchi, 2012, è assunto a simbolo dell’imbarazzo che pietrifica. Ma può anche rappresentare la metafora chiave per intendere quanto va oltre le drammatiche vicende della trama: il senso della vita, l’etica di un mestiere, l’umanità di un cittadino. “un due tre stella”: parole-pietra oppure parole-vita. Parole che possono essere pronunciate o taciute, indagate nella loro menzogna o verità o trascurate, lasciate al loro superficiale significato anche se questo comporta la rovina di alcune esistenze. Catanese, il giornalista alter ego dell’autore nel romanzo, rifugge dalle parole-pietra. E’ un eroe dei nostri tempi questo personaggio che trasforma in giallo avvincente una notiziola da un minuto al TG regionale, stimolato all’indagine non per profitto ma per “un formicolio allo stomaco” (p. 61), quasi il quinto senso e mezzo di Dylan Dog! : “Non so, chiamalo sesto senso, voglia di capire, istinto. Questa è una storia che mi attira per i risvolti umani e perché mi crea disagio.” (pp. 61-2). Ma ecco che le vicende narrate, le vite che nelle pagine del romanzo si incrociano, e vite delle quali non si vuol qui dire nulla per non compromettere il piacere di conoscerle direttamente dalla lettura, non sono per Trapanese-Catanese che il pretesto per rivelare e inseguire il suo credo. Quello di un uomo che ha passato la vita a predicare ai figli “l’onestà intellettuale, il bisogno della preparazione, la logica dell’accettazione, a stimolare l’impegno, l’autenticità, a trasmettere la certezza che alla fine la coerenza, e la qualità, pagano” (p. 210) e deve invece scontrarsi con “il messaggio devastante” (p. 211) che un Don Abbondio di turno impone: l’etica della convenienza, della viltà valgono più della parola data. “un due tre stella” verrebbe ancora da dire: pietrifichiamo le parole non degne, animiamo solamente le meritevoli. Animiamo soprattutto le parole degli affetti, dei rapporti tra gli uomini: parole-pietra tra un figlio e una madre possono condurre a conseguenze catastrofiche; parole-vita tra Catanese e un maresciallo, e una collaboratrice, e un sacerdote, e i figli, e soprattutto tra lui e Giovanna, sua moglie, ci dicono di una misura tanto ovvia quanto difficile da praticare: l’ascolto dell’altro, la partecipazione, l’umanità. Madre vendetta è l’ossimoro attraverso il quale ci si può rendere conto di come “il confine tra felicità e tragedia sia molto meno marcato di quello che sembra” (p. 240). Può essere dietro l’angolo la tragedia. Ma non c’è tragedia per la quale non sia doverosa la testimonianza, essenziale il ricordo. | |
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Torna al menù recensioni | Info critico Nome: Norma Cognome: Stramucci Poetessa Sito Web: clicca qui Email: clicca qui
...note:Poetessa, pubblica nel 1995 L'oro unto, edizioni Tracce, con una nota di Massimo Raffaeli. Nel 2000 Erica, nella collana "La scrittura e la storia" delle Edizioni Piero Manni, diretta dal Prof. Romano Luperini, e con introduzione dello stesso Luperini. Nel 2003, nella stessa collana e con uno scritto di Mario Luzi pubblica Del celeste confine. Nel 2008 Il cielo leggero, Azimut, con una nota di Massimo Raffaeli; infine, nel 2009, in prosa, Lettera da una professoressa, Manni, con una introduzione di Maurizio Viroli. Compra il libro: link acquista |
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| | | | Recensione del Prof. Antonio Luccarini - Madre Vendetta | | "Il grado di civiltà di un paese si evince, tra l’altro,da come viene amministrata la giustizia nella totalità dei suoi aspetti e l’incertezza della pena è una delle cose più devastanti per la percezione di sicurezza e di giustizia di un popolo”. E’ la parte finale di una lettera che compare nel penultimo capitolo, quasi una sorta di sintesi delle tematiche e dei problemi che abitano il cuore e la mente dei personaggi del libro “Madre vendetta – storia di un perdono impossibile”, ultima fatica letteraria di Giancarlo Trapanese. Stavolta Giancarlo Trapanese ci ha fatto il dono non solo di una nuova prova di scrittura ,ma anche di un riuscito esperimento di romanzo-verità. E’ come se le due direzione che caratterizzano di solito la produzione di Trapanese, da una parte lo sguardo vigile ed attento alle facce inquietanti del presente, dall’altra la voglia di coinvolger e i lettori con percorsi narrativi emozionanti, si trovassero ,stavolta, unite in un lavoro sinergico ed equilibrato senza soverchiamenti né sul versante del richiamo della cronaca ,né su quello delle seduzioni letterarie. Il giornalista Trapanese – in questo caso si cala direttamente nel bel romanzo nelle vesti del giornalista televisivo Giorgio Catanese -si misura, come si ricava dal contenuto della lettera, con uno dei temi più scottanti della contemporaneità di questa nostra Italia perennemente in crisi e sempre costretta a situazioni di emergenza,quello della Giustizia che non riesce a dare certezza della pena. Ma si deve aggiungere che l’autore, pur rimanendo fedele alla verità della cronaca, cerca ,comunque, attraverso la robusta costruzione narrativa, di farci vedere da vicino non solo il fatto giuridico ma anche il carico di sentimenti e di passioni che restano imbrigliati in esso .Senza scendere nel dettaglio di una storia che avvince per la suspence emozionale che la sorregge, diciamo che il giornalista televisivo Giorgio Catanese si trova a seguire una indagine incentrata sulla morte di un ex detenuto, investito di notte da un’auto pirata, in un paesino della Romagna. Il giovane era appena uscito dal carcere dove aveva scontato una pena di tredici anni perché ritenuto colpevole dello strangolamento della fidanzata che lo aveva lasciato. Luce, la ragazza strangolata, Manuel, accusato del suo omicidio, ma anche le loro madri sono i protagonisti di un dramma contemporaneo che ripete linguaggi, schemi e categorie concettuali della tragedia antica: passioni, delitti, sete di giustizia, voglia di vendetta e di verità,al di là dei recinti della legalità . Un materiale narrativo incandescente che rischia ,proprio per la ricchezza, la violenza e la complessità dei contenuti ,di approdare alle secche della retorica e che, invece, viene controllato perfettamente da una scrittura precisa senza essere asciutta, essenziale senza essere superficiale e soprattutto intensamente partecipata. Di fronte a tanta sciatteria di linguaggio diffusa dai media, di fronte alla ricerca più fangosa del torbido ad ogni costo, questo libro edito da Vallecchi per la collana “Le Stelle” costituisce la prova che si può affrontare il vero senza tradire le sue voci ,ma ,anzi ,dando ad esse vibrazioni e sonorità capaci di giungere non solo al cuore del lettore ma anche alla sua coscienza. Molte volte, in operazioni del genere, si lamenta il primato dell’emozione a scapito della riflessione: in questo caso invece è proprio l’empatico coinvolgimento che consente e favorisce proprio la comprensione del contenuto. | |
| Info critico | | | Nome: Antonio Cognome: Luccarini Prof. Assessore alla cultura del Comune di Ancona
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| Prof. Antonio LuccariniNasce il 15 gennaio 1948, Membro del Cda del Teatro delle Muse, presidente protempore del Fondo Mole Compra il libro: link acquista
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