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| | | | Recensione di Moreno Giannattasio | | Domenica 26 al teatro Sperimentale di Ancona, Giancarlo Trapanese ha presentato in prima nazionale il suo ultimo romanzo Madre Vendetta per Vallecchi editore. Sala gremita di amici, facce note anche solo su facebook - da lì è pure partito l'incontro e lo spunto per il racconto - e molte persone dell'Ancona della cultura. L'impressione iniziale è da perdere l'equilibrio, vedendo come la presentazione di un libro possa trasformarsi in un evento che raccoglie persone così diverse tra di loro. Buio in sala. Voce di vento e vibrazioni intense sulle corde di un violino. Il pensiero viene subito ghermito e portato nel mondo delle metafore: il vento della giustizia, le note del volo e l'evocazione di una storia intensa. La sensazione è quella di trovarsi di fronte ad una fenomeno ampio, multiplo, difficile da governare e da tenere insieme. E nel buio eccola là, la luce usb sul portatile, che svela il volto attento e teso di Giancarlo Trapanese. E' tutto sotto controllo. Come sempre Giancarlo tiene le redini della nutrita scaletta, misura le parole, fa partire i filmati e suggerisce al presentatore il tempo e il ritmo. Risultato? Ti rilassi e non pare più di essere in un teatro, la dimensione diventa intima e si seguono meglio le parole, rincorrendo i propri pensieri sui temi del perdono e della vendetta. Un groviglio che bolle in attesa che il fuoco della musica e della recitazione alzi la temperatura. Poi Giancarlo toglie il coperchio, fa sentire il sapore della cronaca e svela la sua natura da segugio di storie e di rabdomante delle emozioni. Madre vendetta prende davvero forma e chi ancora non l'ha letto non vede l'ora di farlo, osservando cosa si è già prodotto intorno al testo scritto fin dalla prima uscita. Chi ha attraversato il viaggio in un romanzo che vive in equilibrio tra il giudizio e la comprensione di un brutto omicidio tra giovani, in una Bertinoro in lotta tra accoglienza e rifiuto, può dire di esserci stato. Gli altri devono correre a leggere e magari sperare di arrivare un giorno nella piccola città romagnola ad assaggiare quelle meravigliose tagliatelle che stemperano così dolcemente la diffidenza dei protagonisti.
Grazie Giancarlo | |
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Torna al menù recensioni | Info critico Nome: Moreno Cognome: Giannattasio Assessore alla cultura Comune di Castelfidardo
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| | | | Recensione di Cristina Tonelli | | Giancarlo ha saputo trattare un così tragico e delicato avvenimento con giuste e misurate parole accattivando l’attenzione del lettore sulla storia trattata. Si legge scorrevolmente e non certo per il tema in questione quanto per l’adozione del suo linguaggio: chiaro, mai banale creando così una notevole tessitura del racconto. Accresce in colui che legge una sete di sapere, di conoscere i fatti, le vicende, le quali paiono avvolgerti sino alla fine. E’ un libro che ti scuote il cuore, crea interrogativi su ciò che si legge e su ciò che c’è in ognuno di noi: le paure, le tentazioni, le insicurezze e le forze insperate. Un altro lavoro capace di “approfondirci l’anima” e scuoterci il cuore.
Cristina Tonelli | |
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Torna al menù recensioni | Info critico Nome: Cristina Cognome: Tonelli Scrittrice - autrice Sito Web: clicca qui
Cristina TonelliA Fano, vent'anni fa, nacque una bambina con un grave handicap: Cristina Tonelli. Una sofferenza placentare le aveva causato una grave lesione cerebrale. A lei i medici, poco dopo la nascita, non avevano concesso la speranza di una vita accettabile e indipendente. "Non potrà camminare", avevano detto, "né forse intendere". Ma la famiglia non ha smesso mai di credere e di lottare. Contro tutto e contro tutti, sorretta dalla fede, da un amore immenso e da una straordinaria complicità, oltre che da una sanità che ha funzionato bene e da medici in gamba.
I miglioramenti prima modesti, poi sempre più importanti, afferrati con la forza della determinazione, della speranza. Fino a che Cristina, che non può parlare, impara prima a coordinare i movimenti, poi a camminare (seppure aiutata), infine a scrivere al computer con un solo dito. E così si scopre che dietro un fisico imperfetto c'è un cervello straordinario, che capisce tutto, impara e ha sempre seguito - anche quando niente lo lasciava immaginare - tutto ciò che le accadeva attorno. Una ricchezza immensa di sentimenti che trasmette tramite un linguaggio tutto suo, elaborato e studiato per compensare le difficoltà ed esprimersi in modo compiuto. Così Cristina vince lo scorso anno un premio giornalistico riservato alle scuole (lei frequenta ora il quarto liceo socio-pedagogico) firmandosi "Sirena senza coda" per non farsi identificare e avere ipotetici vantaggi dal suo stato.
Nasce così Sirena senza coda, un romanzo elaborato da Cristina e da chi scrive, che ha trovato l'attenzione di una grande casa editrice nazionale. Una storia - ambientata a Rimini e con nomi diversi - che parte dalla sua vicenda personale e poi diviene romanzo per riflettere sulle cose della vita e dell'handicap, sul valore dell'esistenza e sulla felicità, con Cristina che ha voluto fortemente questo grande impegno per dire a tutti di non fermarsi alle apparenze, di non giudicare dall'aspetto esteriore, che c'è sempre una possibilità. Quello che Cristina fa sognare a Gemma, la protagonista del romanzo, una ragazza come lei. Quello che possiamo in fondo sperare tutti se sapremo tornare alla cultura del sentimento. Compra il libro: link acquista |
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| | | | Annamaria Barbato Ricci: un amore con gli occhi della morte | | Giancarlo Trapanese, col suo nuovo romanzo "Madre vendetta" dà voce al crescente femminicidio che inquina i rapporti fra uomo e donna.
Si può cominciare a leggere un libro dall’appendice? Io l’ho fatto, stavolta, col romanzo di Giancarlo Trapanese “Madre Vendetta – Storia di un perdono impossibile” (Vallecchi). Quell’appendice mi ha attratta come un magnete.
Un elenco: 133 nomi femminili in ordine temporale dal 1989 al 2011. Accanto, la notazione: marito, convivente, fidanzato, ex, amico eccetera. E’ la sconvolgente lista della strage delle innocenti. La mattanza delle donne. Il femminicidio. Le più familiari sono le ultime: Sara, Yara, Carmela. La nostra memoria breve sui fattacci, aiutata dai plastici di Bruno Vespa, non ha fatto ancora evaporare il ricordo dell’accanimento con cui la loro triste storia è stata dissezionata sui giornali, nelle chiacchiere oziose da ufficio o da salotto. Il romanzo del collega Trapanese, giornalista presso la RAI di Ancona, è simbolicamente dedicato a loro, al loro martirio. A quella feroce, cieca, incomprensibile rabbia con la quale il loro carnefice ha infierito per cancellarle dalla faccia della Terra.
In filigrana, le domande di sempre: perché questa reazione dissennata che pone fine col sangue ad un rapporto sentimentale, o amicale, o familiare? Oppure, in altri casi – come quello romanzato dall’Autore – perché il rifiuto assoluto di accettare che una relazione si sia esaurita, sia ormai una camicia di contenzione? Perché immolare non solo l’altrui vita, ma anche la propria in nome di una prevaricante violenza?
La vicenda raccontata dal giornalista è un puzzle delle tante storie ricavabili da quell’angosciante elenco. Prende le mosse da un’alba bolognese di dicembre, nella redazione RAI, nel giro di routine presso le Forze dell’Ordine che fa parte del quotidiano di ogni redattore TV. Chissà quante ne avrà vissute lo stesso Trapanese che riesce a tracciare la figura del protagonista giornalista del romanzo, Giorgio Catanese con un tale accento di verità – senza trasbordare la mitizzazione del giornalista detective, quasi eroico, di maniera; anzi, inserendoci i rovelli interiori in cui ognuno di noi può riconoscersi – che incoraggia ancora di più a leggere. Un romanzo dove tutto è verisimigliante, dunque, che percorre un itinerario doloroso di un amore finito in omicidio, fino ad un doppio esito mortale (anzi, più che doppio). Luce, diciannovenne radiosa come il suo nome, non è arrivata a vent’anni. L’ha spenta il suo Manuel, di qualche anno più grande, per ragioni non confessate. Gelosia, rifiuto della fine di un amore, non si sa.
Malgrado lui si protesti innocente, viene condannato a ventidue anni di carcere. Il buonismo delle leggi italiane lo fa liberare dopo appena tredici. Il dramma scoppia poco dopo. Uscito di prigione, lui torna a casa, nell’incantevole Bertinoro, nella palazzina accanto alla famiglia della ragazza, dove abitano ancora la madre ed il fratello di lei. La situazione è insostenibile, i Carabinieri riescono ad ottenere che Manuel e sua madre si trasferiscano.
Il trasloco non si realizza, perché, appena prima, Manuel, che ha cominciato a lavorare in un forno-pasticceria locale, malgrado in carcere si sia persino laureato, viene travolto da un pirata della strada, mentre si sta recando al lavoro ad un’ora antelucana. Il giovane è ricoverato in ospedale, ma non uscirà più dal coma. Al giornalista della sede RAI appare per istinto che non si tratta di un episodio da archiviare come incidente fortuito. Risale ai fatti che hanno segnato la giovane vita di Manuel; nel frattempo, si identifica l’auto killer: appartiene al fratello di Luce, ma, stranamente, sia la madre che l’uomo si autoaccusano dell’investimento. Intanto, Manuel vegeta in coma, fino a morirne. E Giorgio è preso da una sorta di magheria, vuole capire il nocciolo della questione, quei due che si autoaccusano, scagionandosi l’un l’altro, non lo convincono. S’instaura un rapporto molto umano con il maresciallo comandante della Stazione dei Carabinieri, poi col singolare, coltissimo parroco; nel frattempo, intreccia un dialogo molto umano e toccante con la madre di Luce, poi, col suo riluttante fratello. Infine, Giorgio riesce ad aprire una squarcio d’interlocuzione persino con la madre di Manuel.
Intorno a tutto ciò, che si consuma a cavallo fra il 16 dicembre e l’8 marzo (quant’è emblematica, quest’ultima data!), la sua vita professionale, ma, soprattutto, familiare ci danno quasi la consapevolezza che la sua penna scriva con l’inchiostro della verità autobiografica. Un romanzo coinvolgente, perché scritto con passione e per passione. Quella di far parlare e giungere alla coscienza civile la triste situazione delle donne sterminate da uomini confusi e violenti; la ricerca incessante di giustizia da parte dei familiari delle vittime. Un libro che mi resterà tatuato nel cuore. | |
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Torna al menù recensioni | Info critico Nome: Annamaria Cognome: Barbato Ricci Giornalista e scrittrice Sito Web: clicca qui
...note:Giornalista e scrittrice, laureata in Giurisprudenza ed avvocato, autrice del libro "Le Italiane" (Castelvecchi) che raccoglie le biografie di donne autorevoli di questi 150 anni di storia italiana, scritte da importanti scrittrici, giornaliste, firme eccellenti, i proventi del quale, con l’adesione delle coautrici, sono stati devoluti all’Associazione Telefono Rosa di Roma. Compra il libro: link acquista |
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| | | | Recensione di Maria Lampa | | Ho letto MADRE VENDETTA e lo consiglio a tutti! E' un libro che "spettina i pensieri", provoca domande, mette dubbi e "costringe" a guardarci dentro e a vedere come siamo fatti e come facilmente siamo tentati di schierarci da una parte o dall'altra dei personaggi. Il protagonista giornalista Giorgio Catanese si mette fuori dalle parti e vuole sentire entrambe le versioni prima di trarre conclusioni. . . . con il beneficio del dubbio. Una ottima lezione di vita, un momento di riflessione per tutti, in uno straordinario modo di portarti dentro la storia tanto da viverla sulla pelle. | |
| | Maria LampaE' nata a Castelfidardo nel 1953. Ha studiato in collegio, conseguendo il diploma di maturità magistrale.
Oggi è in pensione, dopo aver lavorato in una azienda metalmeccanica per trentacinque anni, occupandosi degli acquisti, del settore commerciale e dell'organizzazione produttiva. Da venticinque anni si occupa di comunicazione, promuovendo seminari per il benessere psico-fisico dell'uomo, in ogni contesto. Continua ad essere impegnata a fare volontariato nel settore sanitario e culturale.
Oggi sta dedicando parte delle sue energie a scrivere considerazioni, riflessioni, strategie utili per una vita di successo in ogni ambito, quello familiare, di lavoro, con gli amici, attingendo alla propria esperienza pratica. Compra il libro: link acquista
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| | | | Recensione di Tito Stagno | | . . . .ho appena finito di "succhiare" Madre vendetta, e ho voluto scriverti con il suo sapore ancora in bocca: sapore di verità,di problemi, di sentimenti e di persone che sono all'ordine del giorno della nostra attenzione quotidiana. E' il libro di uno scrittore che è anche uno straordinario cronista. L'ho trovato avvincente, e sono certo che avrà molto successo.Il tuo modo di raccontare acquista in scorrevolezza e vivacità, la descrizione dei luoghi ( mi è venuta voglia di andare a Bertinoro ), delle situazioni, degli stati d'animo dei personaggi, è eccellente. Bravo, bravo davvero. Sono orgoglioso di te. E contento di averti per amico. Un abbraccio affettuoso, Tito Stagno. | |
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Torna al menù recensioni | Info critico Nome: Tito Cognome: Stagno Giornalista e conduttore televisivo
Tito StagnoTito Stagno (Cagliari, 4 gennaio 1930) è un giornalista e conduttore televisivo italiano. È stato uno dei più popolari conduttori del Telegiornale negli anni sessanta e nei primi anni settanta. Nel 1961 fu il telecronista che commentò il primo volo di Gagarin intorno alla Terra. Compra il libro: link acquista |
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